Capitolo 1: Tianchuang

Addio alla Corte Imperiale

Capitolo 1: Tianchuang (*) – Duan Pengju pensa che il capo sia pazzo

(Avvertimento: lieve presenza di sangue)

(N/T: Tianchuang: significa “Finestra del Cielo”.)

 

I rami dei prugni nel cortile erano pieni di fiori. I petali cadevano ovunque per terra, spargendosi sulla neve che doveva ancora sciogliersi e fondendosi insieme. A prima vista, non si riusciva a determinare dove fosse la neve e dove fossero i petali. Quando soffiava il vento, si avvertiva un profumo piacevole mentre essi venivano trasportati con calma per il cortile.

Il crepuscolo calò come un sipario e, sulla grondaia, la luce della luna era fredda come l’acqua.

Alla fine del piccolo cortile, c’era una porta d’angolo seminascosta da un pruno in fiore che sembrava essere lì da molti anni. Aprì la porticina ed andò oltre. L’interno era completamente diverso: in piedi davanti alla porta si trovavano due uomini forti, entrambi in armatura e con in mano una spada. Un portico stretto e angusto torreggiava su un ampio sentiero lastricato con grandi mattoni di pietra blu, che conduceva ad una prigione nera come la pece. L’atmosfera cupa e pesante e il fetore della morte gli colpirono il viso.

La debole fragranza dei fiori sembrava essersi bloccata alla fine del cortile, incapace di oltrepassare la porta.

C’erano altre guardie che portavano una spada anche lì, rimasero ferme in piedi come se fossero di legno; le sbarre della grande recinzione in ferro che stavano proteggendo erano spesse come il braccio di un uomo adulto.

Seguì il sentiero buio e stretto ed entrò nella prigione, incontrando tre grandi porte di pietra controllate da meccanismi interni, ciascuna accuratamente sorvegliata. Dietro quelle porte tutta la vitalità del mondo sembrò scomparire, come se il lungo sentiero stretto che conduceva lì fosse la strada per un mondo sotterraneo pieno di anime offese (*), illuminato da luci infinitamente tremolanti che sembravano fuochi fatui.

(N/T: Huangquan: può significare “il mondo dei morti”, “mondo sotterraneo”. E’ l’equivalente di “Ade” o “Inferno”.

Yuanhun: spirito di chi è stato ingiustamente messo a morte o è stato assassinato, che cova rancore e chiede vendetta.)

Nella cella più interna alla prigione, un uomo disse qualcosa a bassa voce e poi ci fu un breve momento di silenzio, seguito dal sospiro leggero e stanco di un’altra persona.

All’improvviso, un urlo lacerante squarciò il buio pesto della prigione e persino la luce del fuoco si affievolì per una frazione di secondo. Quell’urlo fu terribilmente acuto, come quello di un animale morente, capace di provocare indescrivibili brividi nei cuori delle persone.

Una delle due guardie che dava le spalle alla porta di fronte alla cella sembrava essere un nuovo arrivato, con la sua espressione da giovane inesperto. Sentendo quell’urlo improvviso, non poté fare a meno di rabbrividire. Lanciò segretamente uno sguardo al suo compagno e scoprì che l’altro sembrava giocare a fare il sordo, immobile in piedi e dritto come una montagna, così anche lui si ricompose e abbassò immediatamente gli occhi.

Ma quell’urlo era troppo acuto e si protrasse a lungo. L’uomo continuò a gridare finché la sua voce cedette, diventando rauca, e gli si spezzò il respiro. Alla fine, l’urlo si trasformò in gemiti e singhiozzi, un’ulteriore prova della sua sofferenza.

La nuova guardia sentì la pelle d’oca farsi strada lungo il suo corpo.

Trascorso il tempo necessario affinché bruciasse un bastoncino d’incenso (*), finalmente la voce si spense. Dopo un po’, due persone trascinarono fuori un uomo di mezza età; non si riusciva a capire se fosse vivo o morto. L’uomo era a torso nudo, la testa inclinata di lato, i capelli bagnati di sudore, le labbra e la lingua gonfi a causa dei morsi, sangue schiumoso usciva dagli angoli della sua bocca. Il suo corpo non riportava ferite visibili, ma ciascuno dei sette punti principali di agopuntura del torace e dell’addome era stato trafitto da un chiodo rosso scuro. Sembrava una strana e orribile mappa geografica.

(N/T: Il tempo necessario affinché bruciasse un bastoncino d’incenso: Una misura del tempo comune nell’antica Cina. La maggior parte dei bastoncini dura 20-30 minuti, in base alla lunghezza e allo spessore.)

Gli occhi della giovane guardia non poterono evitare di seguire l’uomo di mezza età finché non scomparve dietro una porta di pietra.

In quel momento, dietro di lui, un uomo disse a bassa voce: «Dopo aver visto questo, te ne penti?»

La giovane guardia rabbrividì di paura. Voltando bruscamente la testa, si accorse che in piedi dietro di lui era silenziosamente apparso, da chissà quanto tempo, un uomo con una veste blu reale. L’altra guardia, al suo fianco, si era già inginocchiata a terra, così anche il ragazzo reagì seguendo velocemente il suo esempio e disse: «Mio signore.»

L’uomo con la veste blu reale sembrava avere ventotto o ventinove anni. Il suo aspetto era quello di un aggraziato scriba, ma c’erano tracce di malattia sul suo incarnato. Il suo viso era tagliente, i contorni delle sopracciglia ben delineati. Gli occhi erano sempre luminosi e leggermente pendenti, a tal punto che le ciglia estremamente lunghe e folte, di tanto in tanto, li coprivano per metà quando guardava in basso, cosa che era un’abitudine frequente. Le rare volte in cui l’uomo guardava in alto, le persone avrebbero potuto scorgere un’indescrivibile freddezza nei suoi occhi, capace di far raggelare chiunque. Il ponte del naso bello ed elegante e un paio di labbra molto sottili, donavano dal nulla a quel bel volto un senso di trasognatezza.

Nel sentire il ragazzo chiamarlo con quel titolo onorifico, l’uomo non poté fare a meno di lanciargli uno sguardo in più, poi disse con una risatina: «Sei nuovo qui?»

Il giovane annuì e abbassò la testa: «Sì.»

L’uomo alzò la mano e gli diede due colpetti sulla spalla: «Ricorda, in futuro non potrai chiamarmi così. Non sono più il capo. La prossima volta, dovrai chiamarmi semplicemente signor Zhou.»

Il ragazzo alzò la testa e gli diede una rapida occhiata, poi la abbassò di nuovo rispettosamente: «Si, signor Zhou.»

L’uomo annuì, agitò la mano e disse: «Voi due andate, voglio stare da solo per un po’.»

Le due guardie obbedirono e uscirono fianco a fianco. La giovane guardia non poté fare a meno di voltarsi a guardare indietro ancora per un secondo e vide che l’uomo con la veste blu reale si era tranquillamente appoggiato allo stipite della porta, i suoi occhi fissavano qualcosa nel vuoto che non riusciva a vedere. Inspiegabilmente, il giovane pensò che l’uomo sembrava essere andato in un posto molto lontano.

Quando il primo cancello di ferro venne abbassato, la guardia silenziosa accanto a lui parlò improvvisamente a bassa voce: «Avendo visto il modo in cui è apparso come uno studioso amabile e gentile, riusciresti mai a credere che siano state le sue mani a inchiodare Lao Bi (*) con i Chiodi delle Sette Aperture per Tre Autunni?»

(N/T: Lao: In questo caso, sta ad indicare l’ordine di anzianità quindi si può tradurre come “anziano”. Quando si trova prima dei cognomi di conoscenti o amici, è usato per indicare intimità o informalità.)

Il giovane fu colto alla sprovvista e girò la testa per guardare il suo compagno più anziano. La guardia dai capelli bianchi sospirò: «Ci sono ancora molte cose che non capisci. E’ facile entrare a far parte del Tianchuang, ma non lo è uscirne; farlo porterà solo alla morte o a diventare completamente disabile.»

Nel quarto anno del regno dei Rong di Daqing (*), il nome “Tianchuang” era sufficiente a spaventare l’intera corte e l’opposizione.

(N/T: Daqing: è una città a livello di prefettura in provincia di Heilongjiang, nel nord-est della Cina.)

“Tianchuang” era un’organizzazione composta da spie e assassini direttamente fedeli all’Imperatore. Non si sapeva con certezza in quanti fossero né dove si nascondessero, ma nessuno dubitava che il loro potere tentacolare potesse raggiungere i confini del mondo. Fu istituito dall’Imperatore He Lianyi, della casata Rong, quando era il principe ereditario e, ancora oggi, era ben organizzato; le regole stabilite per entrarvi ed uscirne erano chiaramente molto rigide.

Il primo capo in assoluto del Tianchuang era l’uomo con la veste blu reale, l’ex Maestro della Setta della Residenza Siji (*) e l’attuale signor Zhou: Zhou Zishu.

(N/T: Siji: significa “quattro stagioni”.)

Dagli affari di corte ai problemi del popolo contadino, non c’erano segreti che sfuggissero al Tianchuang, quindi una delle sue regole era che nessuna persona vivente ancora in grado di parlare era autorizzata a lasciarlo; non gli sarebbe stato concesso di lasciare il Tianchuang a meno che non fosse morta o avesse chiesto lei stessa i Chiodi delle Sette Aperture per Tre Autunni.

I cosiddetti “Chiodi delle Sette Aperture per Tre Autunni” erano sette chiodi velenosi che venivano sigillati all’interno dei sette punti di agopuntura più importanti tra il torace e l’addome (*), avvelenando gli otto meridiani (*) per bloccare il Qi (*) e paralizzare le abilità nelle arti marziali e la capacità di parlare e muoversi; dopo tre anni, il veleno si diffondeva completamente e si moriva.

(N/T: Sette punti di agopuntura più importanti tra il torace e l’addome: Tra le più antiche forme di terapia dei meridiani c’è l’agopuntura, che agisce cercando di ripristinare un eccesso o un difetto di energia situato lungo di essi.

Otto meridiani: Oltre ai dodici meridiani principali, collegati ai vari organi, nella medicina tradizionale cinese vengono studiati e analizzati anche altri meridiani, tra cui i cosiddetti “otto meridiani straordinari” <qí jīng bā mài> che sono fondamentali nello studio del qigong e dell’alchimia cinese. Vengono considerati come laghi o serbatoi che immagazzinano, accolgono e custodiscono il Qi in eccesso, distribuendolo quando richiesto.

Qi:L’energia coltivata nel corpo di un praticante di arti marziali.)

Si rubavano tre anni di vita in più, ma la sofferenza da patire sarebbe stata peggiore della morte stessa.

Anche così, di tanto in tanto, c’erano ancora persone che avrebbero preferito essere dei morti viventi pur di lasciare il Tianchuang.

Tre anni di sopravvivenza erano il più grande dono del Cielo.

Dopo aver congedato tutti, Zhou Zishu tornò nella piccola cella e chiuse la porta. Si spostò di sette passi, camminando lentamente con le mani dietro la schiena, immerso in pensieri profondi. Fermandosi in un angolo della stanza, tirò fuori e poi aprì una piccola scatola contenente i Chiodi delle Sette Aperture per Tre Autunni. Quelle piccole cose temibili e terrificanti emanavano, in realtà, un odore simile a quello della fredda fragranza dei fiori di prugna. Zhou Zishu inspirò profondamente, quindi tese le mani per slacciarsi la veste.

Appariva snello e ben proporzionato ma, una volta sciolta la veste, ciò che si rivelò fu un corpo raggrinzito, come se lo avesse prosciugato qualcosa. Tra il torace smunto e l’addome erano già stati inseriti sei Chiodi, sembravano essere lì da molto tempo ed erano diventati quasi un tutt’uno con la carne.

Zhou Zishu abbassò la testa e guardò il suo corpo sorridendo beffardamente, raccolse un coltello nelle vicinanze e poi, stringendo i denti, riaprì la carne che si era richiusa sui

Chiodi. Tagliò molto velocemente e in modo costante con il coltello, come se non si trattasse della sua stessa carne. Non ci volle molto tempo prima che il suo petto si macchiasse interamente di sangue; i Chiodi che erano già lì in precedenza, sembravano essere stati appena piantati.

Dopodiché, come se si fosse liberato da qualcosa, sbuffò e si appoggiò con dolcezza contro l’angolo della parete, scivolando lentamente verso il basso. Il suo corpo tremava in modo incontrollabile. Un unico rivolo di sangue fuoriuscì dalle sue labbra mortalmente pallide, i denti ancora serrati scricchiolarono, poi improvvisamente si contrassero e da esse sbocciò una risatina. Spalancò leggermente gli occhi e li richiuse lentamente subito dopo, la testa inclinata di lato.

Il suo viso era pallido e macchiato di sangue, la sua figura era simile a quella di un cadavere.

L’uomo, rannicchiato nella cella, rimase a contorcersi leggermente fino all’alba del giorno seguente. Quando cercò di alzarsi per la prima volta, le sue gambe cedettero e cadde all’indietro. Al secondo tentativo riuscì ad alzarsi a malapena, tirò fuori un panno di seta e lo immerse nell’acqua per pulirsi con cura la maggior parte del sangue sul petto. Si coprì e riallacciò la veste, per poi raccogliere un Chiodo e nasconderlo al suo interno.

Fece un respiro profondo, aprì la porta e uscì.

Lasciò la prigione e tornò indietro, nel freddo cortile innevato con i pruni in fiore. Zhou Zishu sentì la fragranza rinfrescante dei fiori solleticargli le narici e diffondersi profondamente dentro di lui, sembrava quasi potesse facilmente purificarlo dal fetore del sangue di cui era ricoperto.

Rimase a lungo sotto un pruno, chinandosi in avanti e annusando leggermente i fiori. Un piccolo sorriso apparve inconsciamente sul suo viso, poi sospirò nuovamente e disse a bassa voce: «Vieni qui.»

Un uomo vestito di nero emerse dal nulla come un’ombra, si inchinò e attese i suoi ordini. Zhou Zishu prese un gettone di comando scuro e glielo lanciò, dicendo: «Va’ dal capo ufficiale Duan e chiedigli di accompagnarmi nell’incontro di oggi con Sua Maestà.»

L’uomo in nero prese il gettone e scomparve nuovamente senza lasciare tracce, come se non fosse mai stato lì.

Duan Pengju, il capo ufficiale Duan, era stato promosso dallo stesso Zhou Zishu dopo che quest’ultimo era diventato il capo del Tianchuang e operava solo sotto i suoi ordini; era una persona sia capace che ambiziosa e non esitava mai nel mostrarlo.

A volte, Zhou Zishu lo guardava e rivedeva in lui il se stesso di qualche anno fa.

Non molto tempo più tardi, Duan Pengju lo raggiunse con il gettone, ma era ancora un po’ insicuro e confuso; dopotutto, quell’organizzazione era composta da un gruppo di persone che si rivelavano raramente e, ad eccezione di Zhou Zishu, nessun altro aveva mai avuto molte opportunità di ritrovarsi faccia a faccia con Sua Maestà.

Zhou Zishu non disse molto, si limitò a lasciarlo restare per colazione e poi, sapendo che l’Imperatore lo aveva chiamato a corte quella mattina, ordinò: «Andiamo.»

Così si diressero a palazzo. Sebbene Duan Pengju non sapesse quali fossero esattamente le sue intenzioni, non fece troppe domande e si limitò a seguirlo in silenzio.

I due finalmente raggiunsero lo studio dell’Imperatore uno affianco all’altro. L’Imperatore della casata Rong, He Lianyi, si trovava già lì perciò, non appena venne a sapere che erano arrivati, i due furono chiamati immediatamente ad entrare. Dopo che entrambi si furono inchinati profondamente, Zhou Zishu tirò fuori un tubo di bambù dalla manica e lo presentò a He Lianyi: «Vostra Maestà, ecco il risultato della missione che avete ordinato nel nostro ultimo incontro.»

He Lianyi lo prese, ma non si affrettò a guardare all’interno. Invece, non poté fare a meno di esaminare Zhou Zishu per un po’, dopodiché aggrottò la fronte: «La tua salute sta peggiorando ultimamente. Più tardi chiama il medico imperiale per controllare. Potresti avere delle ferite interne ed è importante non trascurarle. Non fare affidamento solo sul tuo essere giovane, prendila sul serio!»

Zhou Zishu sorrise leggermente, senza annuire, e rispose solo: «Non merito la preoccupazione di Vostra Maestà.»

He Lianyi lanciò nuovamente un’occhiata a Duan Pengju, rimanendo sorpreso per un momento, e poi chiese: «Perché anche Pengju è qui oggi? Non ti vedo da parecchio tempo però, guardandoti, mi sembri molto più energico.»

Duan Pengju sorrise, socchiudendo gli occhi, e disse in fretta: «È difficile per l’Imperatore gestire ogni cosa, è un grande onore per questo servitore essere ancora nei pensieri di Vostra Maestà.»

He Lianyi sorrise e intuì vagamente che Zhou Zishu aveva qualcos’altro da dire, così per prima cosa aprì il tubo di bambù che aveva portato e ne estrasse un piccolo rotolo di carta. Gli diede un colpo d’occhio e poi, con un sorriso sul volto, alzò la testa e disse a Zhou Zishu: «Eseguito magnificamente. Come vorresti essere ricompensato questa volta, Zishu?»

Era arrivato il momento.

All’improvviso, Zhou Zishu sollevò le sue vesti e si inginocchiò a terra. Non sapendo cos’altro fare, Duan Pengju seguì il suo esempio, inginocchiandosi a sua volta.

He Lianyi aggrottò la fronte e chiese: «Cosa stai facendo?»

Zhou Zishu sussurrò dolcemente, quasi come se fosse debole e senza fiato: «Questo servitore osa chiedere un solo favore a Vostra Maestà.»

He Lianyi sorrise e disse: «Alzati e parla. In tutti questi anni sei nato e morto per me, ad eccezione di questo paese, cosa non ti potrei promettere? Avanti, parlamene.»

Zhou Zishu raddrizzò la schiena ma rimase ancora inginocchiato, poi si sciolse la veste in silenzio. Non appena la veste spessa, chiusa quasi ermeticamente, venne slacciata, l’odore del sangue colpì immediatamente il viso di tutti i presenti. Le sue ferite recentemente cicatrizzate stavano sanguinando di nuovo, a causa dei sobbalzi irregolari della portantina.

He Lianyi si alzò improvvisamente: «Zishu!»

Duan Pengju rimase in silenzio, completamente spaventato.

Zhou Zishu aprì il palmo, adagiato su di esso c’era l’ultimo dei sottili Chiodi delle Sette Aperture per Tre Autunni, e disse: «Ne ho inseriti sei io stesso. Se avessi inserito anche il settimo temo che non sarei stato in grado di occuparmi delle questioni di palazzo e di dire addio a Vostra Maestà. Chiedo all’Imperatore di concedermi questa grazia, lasciando che Pengju mi aiuti a soddisfare il mio desiderio.»

He Lianyi era rimasto sbalordito, non riuscì a dire una parola per molto tempo. Dopo un lungo periodo, si accasciò nuovamente sulla sedia e, mentre alzava la testa per guardare la trave sul soffitto dello studio, sussurrò sconsolato tra sé e sé: «Yun Xingyuan è di stanza nel lontano nord-ovest, Beiyuan… Beiyuan se ne è andato, adesso mi stai lasciando anche tu?»

Zhou Zishu rimase in silenzio.

Dopo un momento di silenzio, He Lianyi disse con un sospiro: «Sono una persona sola…»

Zhou Zishu continuò: «Vostra Maestà non dovrà preoccuparsi per il Tianchuang. Pengju mi ha assistito in tutti questi anni, mi fido di lui e credo nelle sue capacità…»

Duan Pengju lo interruppe: «Mio signore! Mio signore, non dite così, non ne ho mai avuta intenzione! Voi… voi non potete…»

Zhou Zishu disse a bassa voce: «Sono i Chiodi delle Sette Aperture per Tre Autunni, alla fine morirò comunque dopo tre anni. Una volta scoccata la freccia, non c’è modo di riaverla indietro…» (*)

(N/T: Una volta scoccata la freccia, non c’è modo di riaverla indietro: espressione idiomatica che equivale al nostro “una volta che inizi qualcosa, non puoi tornare indietro. Devi portare a termine quello che hai iniziato”.)

Si inchinò ad He Lianyi, rifiutandosi di alzare la testa anche mentre apriva la bocca per parlare: «Vostra Maestà, vi prego, prendete in considerazione tutti gli anni in cui vi ho servito e permettetemi di adempiere al mio desiderio.»

He Lianyi fissò l’uomo insanguinato. In quel momento, nessuno sapeva cosa stesse pensando quel bell’Imperatore nel fiore dei suoi anni: in tutti quegli anni era stato cauto e aveva calcolato in modo elaborato ogni mossa, c’erano stati molti disordini e aspre lotte, aveva soffiato un vento gelido e il freddo era stato pungente… poi, finalmente, aveva rivendicato il trono e ora dominava il mondo, ma se ne erano andati tutti. Lui era l’unico rimasto.

Nessuno poteva sfuggire all’impermanenza del mondo e all’abbandono nel corso degli anni.

Dopo molto tempo, chiuse gli occhi e agitò la mano.

Zhou Zishu sorrise sollevando gli angoli delle labbra: «Grazie, Vostra Maestà.»

Sembrava come essersi imbattuto in qualcosa di estremamente divertente. Un leggero rossore apparve sulla carnagione del suo volto pallido e malaticcio. Si volto verso Duan Pengju e gli si rivolse con grande felicità, mettendo l’ultimo Chiodo sul palmo della sua mano: «Fallo!»

Duan Pengju esitò per un po’, poi strinse i denti e sollevò il Chiodo rosso scuro, conficcandolo saldamente nel corpo del suo signore. Dato che ormai si era abituato ad assistere alla procedura in tutti quegli anni, sapeva che era estremamente doloroso; nemmeno i più forti tra gli uomini riuscivano a sopportarlo e non potevano fare a meno di urlare, tuttavia Zhou Zishu sussultò leggermente e continuò a stare dritto. Non ci fu alcun grido, solo un gemito soffocato appena percettibile.

Zhou Zishu sorrise persino dopo aver soffocato quel gemito.

Duan Pengju pensò che il suo signore fosse impazzito.

Zhou Zishu rimase immobile a lungo e poi, alla fine, si inchinò a He Lianyi, la sua faccia così pallida da apparire quasi bianca come la carta.

La forza nel suo corpo cominciò a diminuire rapidamente e, al suo posto, si insinuò il torpore. Le sue ultime parole furono: «Vostra Maestà, prendetevi cura di voi.»

Quindi, senza aspettare che He Lianyi rispondesse, uscì vivacemente dallo studio come se si fosse liberato di un pesante fardello. La sua figura scomparve in un baleno.

Traduzione: valeria99

Revisione: SailorSaturn98


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